Prendo in prestito il titolo di un libro che ho letto e mi è piaciuto, e mi ha anche appassionato. Senza voler imitare/scomodare l’autore del libro (Corrado Dottori), trovo queste parole perfette per descrivere il mio personale rapporto col…Vinsanto!

Il Vinsanto mi piace tanto…(quando hai la poesia dentro c’è poco da fare).

Mi piace in particolare il Vinsanto fatto in maniera tradizionale, quello con la “madre” (un ammasso denso, quasi gelatinoso a volte, ricco di lieviti e batteri di diverse specie) per intenderci.
Mi sono fatto una mia idea negli anni, con il lavoro e grazie alle persone che ho incontrato. Mi piace quando Eleonora di Fattoria Piccaratico mi racconta di come si fanno gli scelti, mi sembra di immergermi quasi in un rito familiare che si tramanda da generazioni. Mi sono emozionato (davvero) quando Diletta Malenchini ha ritrovato, in una soffitta, dei caratelli che non sapeva di avere, li abbiamo aperti insieme, senza sapere nemmeno da quanto tempo fossero li e…tanta roba! Con Ferruccio Ricci, a Montalcino, ogni volta che si svinano dei caratelli facciamo una degustazione e negli anni ci siamo resi conto che ogni “madre” puntualmente (e non casualmente, quindi…) ha una sua caratterizzazione, c’è quella che fermenta quasi tutti gli zuccheri e quella che invece fermenta meno, quella che da più acidità volatile e quella che invece esalta il fruttato.

Nel Vinsanto, come in ogni vino “serio”, la qualità si fa in vigna, si fa con la massima cura nella RACCOLTA. Non a caso, qui in Toscana, quando si raccoglie uva per il Vinsanto, si dice “fare gli scelti”, perché per il vinsanto si raccoglie prima che per gli altri vini, si scelgono appunto solo i grappoli migliori e più integri. Altrettanto importante è l’APPASSIMENTO, i grappoli raccolti con delicatezza si “stuoiano” o si appendono o, più recentemente, si mettono nelle apposite cassette da appassimento. Grande cura poi nel processo, ci vuole il posto giusto, fresco e ventilato, perché l’uva appassisca senza marcire.
Poi si diraspa e si pressa l’uva, un processo lungo, per ottenere ogni goccia di, preziosissimo, mosto. E qui comincia il bello, perché in questo preciso momento si mollano gli ormeggi, il mosto si mette nei caratelli, precedentemente svuotati, ma nei quali si lascia la “madre” appunto, si mura il cocchiume e nei vinsanti migliori si aspettano da 7/8 anni in su, senza “fare nulla”.

E quindi, te che sei uno all’antica (che la volatile ti fa pensare all’aceto non al “terroir”) e magari dormi poco per una fermentazione che rallenta o per un malico che non vuole scendere, col Vinsanto ti abbandoni totalmente, ti lasci guidare dalla Natura, non dal caso, dalla Natura. E quando realizzi ti rendi conto che questa cosa è, semplicemente, B E L L I S S I M A ! ! !

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